giovedì 24 novembre 2016

G-Web - La blogterapia diventa realtà

Ricordate che qualche mese fa vi avevo chiesto di perdere un minuto per votare una bella iniziativa nel mio reparto? Ecco...martedì sono stata alla presentazione ed inaugurazione del progetto.
Grazie all'impegno dell'associazione GrandeGiù e dei medici ricercatori del centro Seràgnoli, nasce G-Web. Una piattaforma virtuale che permetterà ai giovani adulti ricoverati di condividere sensazioni, emozioni e sentimenti in relazione all'esperienza della malattia e di ricevere dai medici supporto o risposte alle domande che un malato si fa ed alle quali troppo spesso va cercando risposte in giro per il web. Insomma, una sorta di social network "ospedaliero". Inoltre, saranno organizzati laboratori creativi all'interno del reparto perchè i giovani adulti abbiano una valvola di sfogo, qualcosa da aspettare con gioia tra una cura e l'altra. Eh sì... perchè, come ha sottolineato la mia dottoressa nel suo discorso, tra i 18 e i 35 anni, nel momento in cui la personalità si definisce, si cerca un'indipendenza e una strada più definita, sbattere contro ad una malattia significa mettere in stand-by la propria vita. Soprattutto nel momento in cui si viene ricoverati ed isolati dal reto del mondo.
Il progetto sta partendo in fase sperimentale con l'adesione di 60 pazienti, ma c'è la speranza che tutto questo si estenda ad altri ospedali, ad altre regioni.
Io non so se, a livello clinico possa avere ripercussioni positive, ma sono assolutamente certa che questa esperienza migliorerà la qualità di vita dei pazienti che potranno usufruirne. La possibilità di "svuotarsi" emotivamente buttando tutti i pensieri e i racconti su un foglio bianco ha aiutato e continua ad aiutare moltissime persone in difficoltà. Parlo di coloro che vivono in prima persona la malattia poiché può aiutarli ad esprimersi al meglio, ma anche dei parenti, dei medici, degli altri pazienti, delle persone che gli stanno vicine.
Sono una delle dimostrazioni viventi del fatto che la blogterapia è uno strumento di aiuto validissimo, sono felice da morire che tutto questo sia andato in porto. 
In bocca al lupo bella gente, il mio cuore è con voi e vi supporta.

martedì 8 novembre 2016

La prima pet non si scorda mai...

La PET, tra tutti gli esami, è senza dubbio quello che preferisco. Per l'amor del cielo, sempre meglio evitare qualsiasi tipo di esame, ma, se proprio proprio dovessi scegliere, sicuramente sceglierei questo. Sarà che non si sente il minimo fastidio o dolore, sarà che la durata è perfetta per poter schiacciare un pisolino mentre si passa attraverso l'anello che ti esamina.
La preparazione consiste in un colloquio durante il quale un medico ti spiega come si svolgerà il tutto, ti elenca tutte le controindicazioni, ti fa firmare liberatorie varie e ti chiede qualsiasi dettaglio sul tuo stato di salute. Mi sono sempre chiesta perchè questi colloqui si ripetano ogni volta dato che i medici hanno la possibilità di accedere alle cartelle cliniche dei pazienti e chi l'ha passato ormai sa benissimo tutta la manfrina, ma tant'è...! La prima volta sinceramente mi sono anche spaventata, mi dicevo che con una preparazione del genere l'esame non sarebbe potuto essere semplice o indolore.
Dopo aver parlato con il medico e firmato mille fogli viene poi iniettato in vena un liquido radioattivo. "Brucia un po'. Se ti da fastidio avvisaci subito"... uffa, ecco che di nuovo viene l'ansia, e invece...NIENTE. Ad essere sincera, l'iniezione più indolore che io abbia fatto in tutta la mia "carriera" ospedaliera. 
A questo punto si deve stare almeno un'ora rinchiusi assieme a tutti gli altri pazienti nel famoso sgabuzzino dei radioattivi. Una stanzetta minuscola piena di persone che normalmente sono spaventate o in ansia per l'esame che devono affrontare. Niente parenti o accompagnatori poiché si è potenzialmente pericolosi per bambini o donne in gravidanza. Sessanta interminabili minuti per passarsi il tempo tra cellulare, libri e riviste o per condividere con gli altri la propria storia clinica. 
"Bevi molto durante quest'ora", ti dicono, "perché quando tocca a te devi svuotare la vescica". Ecco, se devo trovare una pecca a questo esame è proprio fare la pipi a comando. Che poi, in realtà adesso ho imparato a tenerla già da prima, così sono certa di farla quando tocca a me.
Ed ecco che finalmente, dopo un'ora, ti chiamano e ti viene comunicato il numero della sala in cui si svolgerà l'esame. Lungo il corridoio che si deve percorrere per raggiungerla sono fissati dei contatori Geiger che emettono suoni ad intermittenza più o meno ravvicinata ogni volta che un paziente ci passa di fianco. Mostrano il grado di radioattività che emette il corpo in quel momento. Presa dalla curiosità, ogni volta provo a leggerlo, ma gli infermieri puntualmente mi sgridano perchè il BIP dell'allarme nel momento in cui mi avvicino diventa troppo forte e dà fastidio. Cavolo... spiegatemi allora come si fa a leggere uno schermo di un centimetro quadrato da lontano o, soprattutto, per quale motivo installate questi dispositivi se il suono che emettono è di troppo disturbo. Fatto sta che la prima volta sono dovuta rimanere con la curiosità e mi sono diretta verso l'anello della PET. Mi sono sdraiata sul lettino e, come ho già anticipato, ho dormito come un ghiro fino al momento in cui l'addetta mi ha svegliata per mandarmi a casa.
Non vi dico la quantità di messaggi che ho ricevuto nel giorno della prima PET dopo aver detto a familiari ed amici che per un giorno sarei stata radioattiva. Dal "se domani ti svegli blu, almeno sappiamo il perchè" al "Come sta andando la PET, mia cara Hulk??". Il meglio di sé però l'ha dato il mio amore. Alla sera è arrivato dal lavoro con un contatore Geiger ed è stato un'ora a misurare il mio livello di radioattività da vicino, da lontano, dalla stanza a fianco, attraverso un muro, una coperta, dentro l'acqua. Quando abbiamo visto i valori che emetteva il mio corpo non volevamo crederci...



Erano tre volte più alti rispetto al livello di pericolo riportati sul contatore. E a quel punto il mio amore è saltato su con: "non mi interessa quello che dicono i medici... sei pericolosa eccome!!!". Vi dico solo che quella notte ha dormito sì al mio fianco, ma con una coperta di piombo avvolta attorno al bacino per proteggersi i gioielli di famiglia.